AVIS Comunale Cremona

4 EDITORIALE fARE VOLONTARIATO di Andreina Bodini Approfitto dello spazio lasciato libero dal presidente Scala, che non ha potuto onorare il suo impegno trimestrale a causa di sopraggiunti impegni, per riallacciarmi all'argomento esposto alle pag. 8 e 9, di questo numero: volontariato in Avis. Nulla di diverso dall'adesione ad altre realtà del territorio perché fare volontariato, come sosteneva Kofi Annan, ex segretario generale dell'ONU, richiede innanzitutto una buona disponibilità personale e del tempo da mettere a disposizione per un progetto in cui si crede. E' quanto in sostanza facciamo tutti noi volontari avisini che ci ritagliamo del tempo da dedicare alla nostra Associazione nei cui principi ci riconosciamo. Nutriamo questo nostro sentire leggendo gli scritti di persone che studiano a fondo il mondo del volontariato seguendone l'evoluzione negli anni. Una di esse è il sociologo Renato Frisanco che spesso è chiamato nelle scuole per informare i giovani, per presentare il volontario come una persona "normale", un cittadino che ha cura di sé, degli altri e dell'ambiente in cui vive. E si mette a disposizione per fare, con passione, qualcosa di utile ed efficace. Anche in questo tempo di post pandemia acuta, Frisanco nota che si registrano dei cambiamenti nel modo di essere cittadini e solidali e che, in questo contesto, il volontariato è una testimonianza al fare. Eccoci dunque, per rimanere in tema di fare, accogliere la richiesta della nostra Avis di riordinare il vecchio archivio secondo i dettami che l'appartenenza al settore sanitario richiede. Un lavoro lungo che consta di diversi passaggi prima della digitalizzazione finale. Aiutata dal consigliere Daniele Vai, che mette a disposizione il suo tempo dopo il lavoro, ho avuto modo di vedere e toccare con mano alcuni documenti che risalgono al passato, quando chi donava era “un datore di sangue” e faceva già parte di una rete provinciale che si attivava per sopperire alla carenza di sangue, in collaborazione con l'Ospedale cittadino, allora sito in piazza Giovanni XXIII. Già allora i datori di sangue erano persone disposte a donare il proprio sangue a beneficio degli ammalati; erano iscritti in un registro, rispondevano alla chiamata con generosità. La loro tesserina associativa era rossa, come la nostra, di cartoncino spesso e conteneva tutti i loro dati identificativi. Il loro fascicolo sanitario personale, era costituito da un foglio di carta sottile, piegato in due, col nome scritto in bella grafìa dall'impiegato ( allora a scuola ci si cimentava con la calligrafia). All'interno la documentazione era tenuta insieme da spilli, ormai arrugginiti, per evitarne la dispersione. Ricordo di un'epoca pionieristica che ci ha preceduto, ma che, con coraggio e perseveranza, ha tracciato la strada.

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