AVIS Comunale Cremona
7 avis cremona esPerienZa in alto mare Migranti: penso che questo nome riecheggerà per molto nella mia testa. Ho risposto, insieme ad altri 20 volontari provenienti da tutta Italia, alla chiamata di Croce Rossa Italiana rela- tiva alla missione umanitaria sulla nave quarantena “Adriatico” in servizio tra la Sicilia e l'isola di Lampe- dusa. La missione di Croce Rossa, in supporto alle forze del- l’ordine di Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza e Guardia Costiera, aveva come scopo quello di assistere le persone soccorse in mare durante il loro periodo di isolamento sulle 4 navi messe a disposizione dal Go- verno italiano. Ci tengo a sottolineare che questa iniziativa non e’ stata un “salto nel vuoto” come si potrebbe pensare: per quanto mi riguarda, avevo già maturato un'esperienza per certi aspetti simile con altra missione di Croce Rossa durante l’emergenza del terremoto nelle Marche ed anche in quella circostanza ho avuto modo di toccare con mano la miseria di tante e tante persone che vive- vano nella necessita’ di aiuti continui. In quest’ultima missione in mare, mi sono trovato fac- cia a faccia con persone di diverse etnie, provenienti da paesi che avevo solo lontanamente sentito nominare, con modi ed abitudini lontani anni luce dalla nostra re- altà e da quello che avevo sentito e visto in televisione o sui giornali. Il mio compito, inizialmente, e’ stato quello di scendere dalla nave per portare a bordo le per- sone che il giorno prima la Guardia Costiera aveva re- cuperato in mare o che avevano raggiunto l’isola di Lampedusa con quelli che vengono comunemente chia- mati “barchini”: eccolo il primo vero approccio con i mi- granti! E’ qui che ti giochi tutto! Nei pochi secondi in cui si in- staura il primo contatto “fisico”, dove ti presenti e pre- senti la situazione, quello che e’ e soprattutto quello che sarà. Serve da subito molta empatia per arrivare ad una tranquillità reciproca ed evitare inutili tensioni (una parola detta fuori posto potrebbe compromettere una situazione di per sé già piuttosto anomala). Sono lì, in prima linea, ancora non ci credo, non mi sembra vero, sono sull’isola di Lampedusa, quell’isola che fino a qual- che ora prima avevo visto solo in televisione. Siamo in tre, io e 2 bravissimi ragazzi di Croce Rossa, nel ruolo di mediatori: un’eccellenza dell’associazione, dei veri an- geli custodi; parlano 3/4/5 lingue con una semplicità di- sarmante, passano dall’inglese, al francese, all’arabo senza alcuna difficoltà, hanno la calma e la tranquillità di un padre che e’ lì per aiutarti e niente piu’….niente in cambio. Questo e’ subito percepito ed e’ proprio per questo che fila sempre tutto liscio. Siamo pronti, entriamo nella pancia della grande nave. Gli sguardi si incrociano nel silenzio quasi irreale della penombra, qualcuno chiede, i bambini piangono……… qualcuno prega. Ecco, sempre con il sorriso sulle labbra, gli altri volontari che, insieme ai medici, effettuano la prima mappatura: schede ana- grafiche di ognuno e tamponi rapidi per tutti al fine di creare una suddivisione di persone per etnie, per nazio- nalita’, per famiglie, con un occhio speciale ai piccoli ospiti, che nella confusione del momento, potrebbero anche passare inosservati. Mi preparo ai bordi delle scale per far salire le persone ai 3 ponti della nave che li ospitera’ per i prossimi 14 gg. Tutti insieme, in fila indiana ed in religioso silenzio, saliamo le rampe che portano ai piani superiori dove tutte le cabine sono pronte ad accogliere gli ospiti. La vita sulla nave e’ scandita dal ritmo quotidiano dell’or- dinarietà. Il mio compito e quello degli altri volontari, e’ ora quello di servire i pasti principali, supportare i medici nelle operazioni di assistenza alla persona, sorvegliare gli ospiti nelle ore notturne e gestire le piccole criticità/ten- sioni delle ore diurne, il tutto sempre senza un attimo di pausa. Tante sono le occasioni di confronto: i bambini sono un buon collante, parliamo tra noi, ma anche con i ragazzi, gli uomini, le donne ospiti della nave, ognuno ha una sua storia da raccontare. Questo periodo e’ volato via veloce, e’ ora di tornare a casa; tanti giorni mi hanno segnato sia fisicamente che psicologicamente, ho incontrato tante tante persone, abbiamo sorriso e ci siamo commossi, abbiamo gioito ed anche discusso, ….cosa e’ rimasto alla fine? Molti me lo chiedono ed anche io me lo sono chiesto in tante oc- casioni, ma ancora non mi sono dato una risposta. Spesso, soprattutto i volontari, di fronte alle tragedie che vivono quotidianamente, si sentono nudi e impo- tenti . Questa esperienza mi ha dato la possibilità di avere uno sguardo diverso rispetto agli stereotipi che i mass media ci propinano. Un conto è guardare da qui le cose, un conto è viverle direttamente, a contatto con le persone e la realtà. Fare il volontario in prima linea (nei terre- moti o in alto mare) non e’ semplice, tutto acquista un sapore diverso. La tragedia che ti scorre davanti agli occhi ogni istante, ti fa capire tante cose. Non sono riuscito a darmi una spiegazione perché quando, oltre alla contingenza, su- bentrano la malattia, la povertà, l’indigenza, crollano tante barriere: quando sei tu solo nella tua brandina dopo una giornata passata tra il pianto e la miseria, pensi se tutto questo ha davvero un senso e perche’ molte cose accadono. Non lo so. Ho passato ore a guardare le pupille di questa gente. “Pupilla”, ho cercato, in latino significa bambina. Infatti gli occhi sono l’unico organo che non cresce. E’ lo spa- zio, il momento, attraverso il quale é possibile vedere il bambino, dentro l’adulto. Solo cosi’ sono riuscito a leg- gere tra gli sguardi, non e’ stato semplice. Mi piace cre- dere, però, che in tutto questo ci sia un Disegno e che alla fine, se un Disegno non ci fosse, ognuno di noi deve solo avere la fortuna di nascere nella parte giusta del mondo. Giovanni Ferrari
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