AVIS Comunale Cremona
7 DI ENRICO MENTANA E LILIANA SEGRE (ED. RIZZOLI) Quella bambina ebrea che quasi non sapeva di esserlo è diventata una donna ebrea che ha scelto di assumersi il peso e la responsabilità della me- moria. Una memoria affidata purtroppo quasi solo ai sopravvissuti, alle vit- time, sulle quali è pesato il dovere di difendere la verità. Cosa contraddistingue la storia, anzi la Storia, dalla memoria? Come possono un fatto, un accadimento, un evento essere ricompresi non solo nella chiara luce della scienza, dei dati, dei numeri, ma anche nella penombra dei ricordi, del vissuto e della dimensione esperienziale? La domanda è volutamente provocatoria. Tutti, chi più chi meno, conoscono la storia della Shoah: viene insegnata sui banchi di scuola, viene ricordata e riproposta in film, libri, documentari, arti- coli di giornale. I fatti, i dati certi, i numeri sono sotto i nostri occhi e fanno parte di un bagaglio di conoscenze condiviso. Eppure, quella storia, quell’avvenimento riportato con tanta precisione da una miriade di fonti scritte e non, sono anche state vissuti nel quotidiano da per- sone, uomini, donne, bambini che, probabilmente, non potevano che cogliere la dimensione parziale e quoti- diana di un periodo storico di grande portata. Ma che ne può sapere un bambino della “grande por- tata di un evento storico”? Cosa può importare dei dati e dei numeri ad un padre che si sente impotente di fronte ad un destino che pare senza vie d’uscita e che sembra ghermire ogni speranza di serenità dalla vita della propria bambina? Ecco, allora, una risposta alla nostra domanda. La sto- ria e la memoria sono due facce della stessa medaglia, si riflettono vicendevolmente come in un gioco di spec- chi. La storia dà sostanza alla memoria, la memoria da dignità alla storia. La storia è la radice; la memoria, una piccola fogliolina, persa tra le altre, parte di una grande chioma, la memoria collettiva. La riflessione su La memoria rende liberi parte da qui. I fatti li conosciamo tutti. Il governo fascista, ben lieto di ot- temperare alle richieste dei nuovi e potenti alleati tede- schi, promulga una serie di leggi razziali volte a colpire gli ebrei, limitandone la possibilità di accedere al governo, all’istruzione, al lavoro e a tanti altri ambiti ancora. Le persone vengono strappate alle loro case e alle loro fa- miglie e vengono indirizzate in campi di concentramento e di sterminio, in cui, alla stregua di schiavi, vengono spietatamente sfruttati in lavori di fatica ed eliminati a fronte di scarso rendimento, malattia, deformazione, me- nomazione, anzianità o per un capriccio del caso. È qui che la storia, già terribile, si intreccia con la me- moria di una bambina con lunghe trecce nere fermate da un fiocchetto. Questa bambina non sa nulla della guerra, dei piani strategici, non conosce gli equilibri geopolitici che si stanno sgretolando; non è a cono- scenza del fatto che lei, Liliana Segre, milanese, orfana di madre, luce dei malinconici occhi paterni, spensierata e allegra, rappresenta una problema da risolvere per un governo molto lontano. Liliana ricorda e racconta tutto: dall’espulsione da scuola al periodo trascorso tra Inverigo, Ballabio e Ca- stellanza, dal tentativo di fuga in Svizzera alla cattura; dal periodo di detenzione in prigione a Milano al terribile viaggio verso Auschwitz; dal periodo di prigionia ai la- vori forzati; dalla liberazione al dopoguerra; dall’amore per il marito e per i figli alla sofferta e difficile decisione di testimoniare l’accaduto. La decisione di testimoniare viene presa in tarda età. È solo quando i figli sono grandi che Liliana decide di farsi forza e di parlare. Capisce che, se perdonare è difficile, dimenticare è impossibile; di più, i ricordi la inseguono e la tormentano, nonostante faccia uno sforzo per conte- nerli, per reprimerli, per guardare avanti. È allora che trova un nuovo scopo: parlare, testimoniare, condividere, specie con i più giovani, con chi vive in una realtà molto distante dalla guerra, in un presente sicuro. Molti la ac- clamano come un’eroina, ma lei, Liliana Segre, non si stanca mai di ripetere che la sua vicenda straordinaria è accaduta ad una persona assolutamente ordinaria, senza alcuna spiccata dote, senza alcun coraggio particolare. È la memoria di una bambina che ha smesso troppo presto di essere una bambina, la memoria di un’adolescente sola che è dovuta sopravvivere, la memoria di una ra- gazza che non sapeva come stare in pace con se stessa, la memoria di un’adulta a cui dobbiamo rendere omag- gio per il coraggio nel raccontare la banalità del male. ... RICORDO DI AVER VISTO IL CAPO DEL CAMPO BUTTARE LA PI- STOLA PER TERRA. ERA UN UOMO TERRIBILE, CRUDELE ... OCCHIO AL LIBRO “ LA MEMORIA RENDE LIBERI” a cura di lucia Catelli
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