AVIS Comunale Cremona
7 di Paolo CoGnetti (ediZioni einaUdi ) * direttore de “il dono del Sangue” In questi anni, spesso, abbiamo incontrato pagine di Autore sul tema della “monta- gna”, ma non eravamo abituati ad immaginare un “Premio Strega” con questa tema- tica, precisamente la montagna come “un modo di vivere la vita”, una realtà che coinvolge tutta l'esistenza. Da lontano, sentiamo la eco del passo manzoniano, tanto suggestivo anche per il momento particolare della vicenda narrata: “Addio, monti sor- genti dallacqua, ed elevati al cielo...”. Qui, la montagna si identifica nella condizione au- tentica del proprio essere, al punto che la vita non potrebbe continuare, ed essere, senza la bellezza e la straordinarietà dei “monti” che hai davanti... Paolo Cognetti si presenta così: “Si può dire che abbia cominciato a scrivere questa storia quand'ero bambino, perchè è una storia che mi appartiene. Quando mi chiede- vano di cosa parla, rispondevo: di due amici e una montagna”. Centrale è nella vicenda, resa con dignità letteraria e sobrietà linguistica, la presenza di Pietro, un ragazzino di città, non facile alle compagnie e piuttosto dedito alla solitudine; accanto, una madre piuttosto attenta ai problemi degli altri, e un padre tutto partico- lare. Una sola cosa li ha fatti incontrare e unire, proprio la montagna (si sono sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo...). E, proprio all'inizio del romanzo, questi due protagonisti della vicenda sempre colta nella sua dimensione esistenziale, sono ben individuati nei loro caratteri, quasi con l'mpo- stazione manzoniana che mirava all'individuazione psicologica: “Mio padre aveva il suo modo di andare in montagna. Poco incline alla meditazione, tutto caparbietà e spaval- deria.Saliva senza dosare le forze, sempre in gara con qualcuno o qualcosa, e dove il sentiero gli pareva lungo tagliava per la linea di massima pen- denza. Con lui era vietato fermarsi, ma si poteva cantare una bella canzone, specie sotto il temporale o nella nebbia fitta. E lanciare ululati buttandosi giù per i nevai”. La madre sentenziava “che lui non aspettava nessuno nem- meno allora, tutto preso a inseguire chiunque vedesse più in alto. Lei più tardi alle corse cominciò a preferire sedersi sui prati, o immergere i piedi in un torrente, o riconoscere i nomi delle erbe e dei fiori. In vetta le piaceva soprattutto osservare le cime lontane, pensare a quelle della sua giovinezza”. Una storia bella e confortante di amicizia, accanto alla mon- tagna precisamente nel paesino di Grana, e vicino ancora un'altra realtà sulla stessa linea, quella di Pietro, che qui tra- scorreva i periodi estivi, accanto ad un torrente che gli ricor- dava unmondo di valori, “il torrente d'esplorazione”: all'inizio, “Il torrente veniva giù a balzi, all'inizio, cadendo in una serie di rapide schiumanti, tra grandi massi da cui mi sporgevo a os- servare i riflessi argentati del fondo: Più in là rallentava e si di- ramava, come se da giovane che era diventasse adulto, e tagliava isolotti colonizzati dalle betulle, dove poteva attraver- sare saltando fino alla sponda opposta. Oltre ancora un intrico di legname formava uno sbarramento. In quel punto scendeva un canalone, ed era stata la slavina, d'inverno, a tirar giù tronchi e rami che ora marcivano nel- l'acqua, ma io di queste cose all'epoca non sapevo nulla. Ogni volta finivo per sedermi lì, a guardare le alghe che ondeggia- vano appena sotto la superficie”. In questo ambiente favoloso, “Cera un ragazzino che pascolava le mucche nei prati lungo la riva”, di nome Bruno, con “un bastone giallo, di plastica, dal manico ricurvo, con cui spronava le mucche su un fianco per spingerle in giù verso l'erba alta. Erano sette pezzate castane giovani e irrequiete. Il ragazzino le sgridava quando se ne andavano per conto loro, e capitava che all'una o all'altra corresse dietro imprecando, mentre al ritorno risaliva il pendio e si voltava a chiamarle con un verso così: 'Oh, oh, oh', oppure 'Eh,eh,eh', finchè loro, controvoglia, lo seguivano in stalla. Al pascolo si sedeva per terra e le con- trollava dall'alto, intagliando un legnetto con il coltello a ser- ramanico”. Tra i due ragazzi, nel tempo, nascerà una vera amicizia, che – scaturita accanto alla precedente tra i due sposi - ci fa con- cludere che il romanzo di Paolo Cognetti è veramente all'inse- gna di questo valore così alto, sullo sfondo della “montagna”, capace di stringere legami che celebrano la natura, nella sua bellezza e dignità. Purtropppo, proprio Bruno se ne andrà in un inverno particolarmente nevoso, “l'avrebbero trovato col di- sgelo...Sarebbe spuntato in qualche canalone in piena estate, e sarebbero stati i corvi a riscoprirlo per primi”. La conclusione è affidata al ragazzino Pietro, con parole che coinvolgono, in queste pagine che affidano al Premio Strega una risonanza particolare: “Da mio padre avevo imparato, molto tempo dopo avevo smesso di seguirlo sui sentieri, che in certe vite esistonomon- tagne a cui non è possbile tornare. Che nelle vite come la mia e la sua non si può tornare alla montagna che sta al centro di tutte le altre, e all'inizio della propria storia. E che non resta che vagare per le ottomontagne per chi, come noi, sulla prima e più alta ha perso un amico”. ... il torrente veniva Giù a BalZi ... oCCHio al liBro “le otto MontaGne” a cura del prof. Angelo rescaglio*
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